
A dare la notizia è uno studio di Assobioplastiche-Corepla-Conai-Cic, secondo il quale il 43% dei sacchetti per l’umido non è compostabile.
Il dato che comunque premia le nostre città è che la purezza della frazione organica del rifiuto solido urbano raccolto è superiore al 95%, ma è necessario intervenire per quel restante 5% costituito da impurità, ovvero materiali con componente plastica.
Lo studio, presentato nei giorni scorsi a Milano presso la Fondazione Cariplo, spiega che la frazione organica dei rifiuti solidi urbani raccolti nelle città è superiore al 95%, ma il restante 5% consiste in impurità, vale a dire in tutti quei materiali non compostabili.
Questi sono fatti per il 60% di componente plastica e rappresentano il 3% dell’umido totale raccolto.
Lo studio è il frutto dell’accordo di programma sottoscritto due anni fa tra Assobioplastiche, Corepla, Conai e CIC ovvero il Consorzio Italiano Compostatori, che si è occupato di monitorare le abitudini degli italiani per quanto concerne l’utilizzo dei sacchetti per l’organico.
Ne è derivato un mal costume diffuso, per il quale oltre il 43% dei sacchi utilizzati non è compostabile e che gli impianti di produzione di compost ogni anno ricevono circa 31.000 tonnellate di bioplastica e 73.500 tonnellate di plastica (per lo più imballaggi), che deve essere separata dalla parte organica dei rifiuti.
Anche Corepla ha effettuato un altro monitoraggio, in base al quale è emersa una presenza di imballaggi compostabili pari a circa lo 0,85% della plastica conferita.
Secondo Corepla si tratta per lo più di sacchetti e shoppers che finiscono nei prodotti da avviare a riciclo.